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TEMI E RIASSUNTI

 

Giuseppe Bagni risponde alle dichiarazioni del prof. Serianni 

 

Su La Repubblica del 18 settembre 2017 si legge: 'Meno temi e più riassunti in classe. Per "allenare i ragazzi a strutturare un testo". (La svolta di Mister italiano, "Dalle medie alla maturità meno temi e più riassunti").

Mister italiano sarebbe l'illustre studioso Luca Serianni, che  avendo ricevuto dal Miur l'incarico di consulente per l'apprendimento della lingua italiana, propone di arginare le carenze linguistiche più gravi degli studenti con meno temi e più riassunti. Sicuramente il noto studioso non ha  avuto il tempo di esplicitare appieno il suo pensiero su una questione così spinosa che, dal nostro punto di vista, richiede risposte più articolate.

Quello che segue è frutto dell'elaborazione di insegnanti del Cidi, ma prima di entrare nello specifico voglio sottolineare che temi come questi non possono essere affrontati solo con articoli sui quotidiani, ma richiedono un confronto vero, articolato e continuato tra il mondo dell'università e quello della scuola.

Sarebbe auspicabile una nuova profonda collaborazione tra chi detiene le competenze e le responsabilità principali in tali due campi per trasformare le emergenze di volta in volta evocate - vere o presunte che siano - in occasioni di riflessioni che facciano crescere il nostro sistema d'istruzione e la cultura del paese.

Troppo spesso riflessioni importanti per il nostro paese risultano cariche di parzialità e superficialità perché si confonde la conoscenza della disciplina con l'insegnamento della stessa, che è un'altra cosa, complementare ma non sovrapponibile.

La scrittura è difatti un processo complesso per il quale non esiste un modello unico, ma differenti modelli legati alle fasi di sviluppo delle capacità di scrittura. Questo processo non è lineare, né tanto meno esauribile nella fase di pianificazione o di realizzazione di un testo. Esso accompagna lo sviluppo cognitivo e linguistico- comunicativo degli alunni e avviene in stretto rapporto con i contesti socio-culturali. In questo processo sono implicati più fattori connessi tra loro, la cui analisi richiede il ricorso a una serie di criteri, basati sulle più recenti acquisizioni della linguistica testuale, della psicologia cognitiva e della retorica. È soprattutto dalla visione integrata di tali fattori (cognitivi, sociali e linguistico-testuali) che possiamo raffigurare un'idea adeguata per ciò che si dice comunemente "essere capaci di scrivere".

Fatta questa premessa che, in qualche modo, esprime perplessità per soluzioni riduttive,  il processo di scrittura, come sappiamo, mette in gioco conoscenze e più componenti (leggere, parlare, utilizzare strategie e tecniche). Per attivarlo è necessario nutrirlo di letture, di affinamenti della parola e integrazioni con la stessa lingua orale; occorre sostenerlo, in una varietà di testi, con attività le più diverse possibili: pratiche di imitazione, manipolazione (espansione, condensazione, selezione, sostituzione, ordine,…), rielaborazione, riscrittura e revisione dei testi che investono a tutto campo la didattica della scrittura. 

Scrivere implica un lavoro "intenso" sui testi, in particolare sulla loro struttura e configurazione, sulle parole, sulla scelta dei vocaboli, sul ritmo, sulla costruzione e sul taglio delle frasi, sulla punteggiatura, sulla distribuzione e gerarchizzazione delle idee, sull'uso  della sintassi, sull'abilità nel legare e slegare le frasi tra loro, sulla concatenazione dei periodi, sull'aggettivazione, sull'uso dei tempi verbali, sugli incisi e così via…

Scrivere vuol dire tante cose (comunicare, rappresentare, dare un nome alle cose, esporre, argomentare…). Tra queste saper pensare e guardare il mondo, che comporta la pianificazione  ed elaborazione delle conoscenze, non è affatto marginale.

E potremmo continuare in questo fugace accenno alla complessità dello scrivere e dell'apprendere a scrivere, la cui trattazione impone interventi ben più sostanziali. La proposta del  meno temi e più riassunti non ci convince, perché non basta a insegnare/imparare a scrivere.  Se diamo uno sguardo alla scuola  ci accorgiamo che numerosi studenti fanno da sempre temi e riassunti. Tuttavia non sanno scrivere.

 Per cui sarebbe molto più utile interrogarsi sul perché molti studenti non sappiano scrivere, nonostante i tanti temi e riassunti. Sarebbe utile provare a capire se nelle classi:

1. la didattica tiene conto della complessità dello scrivere (testualità, dimensione di variazione, processualità, operazioni cognitive e linguistiche…);

2. la scrittura è finalizzata a compiti autentici condivisi, a compiti significativi e profondi che attribuiscano senso all’atto dello scrivere. Compiti che diventano decisamente ancor più significativi se inseriti in un curricolo verticale, organico e processuale;

3. la scrittura non è affrontata come un atto isolato, esecutivo, talvolta addestrativo, tecnicistico;

4. la scrittura cura la relazione di scambio che, rivolgendosi a una pluralità di destinatari possibili (autore o altri), richiama il lettore. In ogni scrittura si ritrova la prospettiva del lettore, che rende forte il legame con la lettura. Gli stessi nostri alunni sono simultaneamente lettori di altri testi, da cui attingono contenuti, forme, strategie, effettuando imitazioni e trasformazioni. Una buona parte della scrittura, anche “immaginativa” e creativa, si forgia su materiali pre-esistenti, (gioco delle posizioni enunciative, forme del discorso, tematiche, generi). Ne consegue che sia particolarmente fruttuoso sviluppare una pedagogia dell’intertestualità, integrata a una dimensione critica e argomentativa, che porti poi a superare la semplice imitazione dei procedimenti per andare verso orizzonti nuovi e personalizzati di scrittura;

5. la motivazione fa da sfondo all'apprendimento/insegnamento, agendo come collante che cementa le diverse parti. Difatti è la motivazione che crea condizioni stimolanti e suggestive capaci di risvegliare i sensi e sprigionare energie immaginative. È la motivazione, essenzialmente quella che nasce dal di dentro (interna), che porta a far vivere la scrittura, a desiderare e conoscere il bisogno dello scrivere, “come se il cuore si incidesse sulla pagina” (Maraini, 2000), spingendo a esplorare tematiche e modalità di scrittura, che dovrebbero essere il più possibile accattivanti ed emergenti, efficaci e trainanti. Si tratta di una motivazione profonda che può condurre lo studente a scrivere con “gli occhi, le mani, gli orecchi e il naso”, impegnandolo a “ingaggiare quella lotta corpo a corpo con la parola”, che lo stimolerà a scrivere e riscrivere, a “lavorare sulle parole, ritrovandone la forza e la fisicità” (Ivi).

Nel campo dell’insegnamento tocca ai docenti escogitare alternative e soluzioni, creando narrazioni didattiche in grado di risvegliare il sopito desiderio dello scrivere, preparando al contempo il terreno per incontri “alti” con la cultura.

A queste notazioni potremmo aggiungerne altre, ma ci preme sottolineare che problemi  come quelli enunciati (gravi carenze linguistiche degli studenti), radicati nella scuola da decenni, dovrebbero essere esaminati nella loro complessità, cioè con una visione integrata dei diversi fattori che connotano il processo di scrittura  e sulla base di dati ricavati dalla reale situazione della scuola. Altrimenti fra dieci anni, non essendo cambiato niente, ci troveremmo a ripetere le stesse cose!

Roma 25 settembre2017

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