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La scuola e gli scogli

 di Giuseppe Bagni

Tornando a casa sul tram sono saliti accanto a me cinque ragazzi in età da scuola superiore, chiassosi fuori misura come lo sono spesso certi studenti in libertà non vigilata, dopo aver scontato gli otto mesi di scuola.
Ho visto il fastidio degli adulti, costretti a fare da spettatori ai loro lazzi reciproci, tra chi poteva dormire fino a mezzogiorno e chi invece doveva tornare la mattina dopo per il supplemento di condanna dei corsi di recupero. Il vocabolario era un turpiloquio continuo, in perfetta sintonia con la pochezza delle frasi scritte sulla maglietta di uno di loro che elencava le cinque ragioni  perché una birra è meglio di una ragazza.
Negli sguardi obliqui dei presenti che li circondavano si leggeva facilmente frasi silenziose del tipo: meno male che mio figlio non è come loro e frequenta altre scuole. Si capiva che quei giovani appena scesi dal tram sarebbero tornati ad essere testimonianza di un'adolescenza che si può ignorare: potrà capitare di trovarne traccia sulle cronache dei giornali ma resta esterna alla rete delle relazioni che abbiamo tessuto e quindi estranea al nostro mondo. La tolleranza dei presenti derivava dalla certezza che a breve sarebbero tornati invisibili.

Estraneo ed esterno sono vocaboli che derivano dal latino "extraneus" che è la base etimologica di "straniero".
Di "stranieri interni" problematici in Italia ne abbiamo molti. Differiscono da quelli che premono alle nostre frontiere per entrare, o sostano presso altre frontiere in attesa di uscire. È anzi probabile che molti di loro non si siano mai allontanati da dove sono nati, ma la domanda che pongono è la stessa e questa volta ineludibile: trovare una propria collocazione nella società per vivere la propria vita. Che cosa significa scuola, lavoro, cittadinanza? Perché la cittadinanza vera non è sancita una volta per tutte dalla carta d'identità, ma è garantita solo dal possesso degli strumenti culturali che permettono di partecipare alla vita sociale.
I nostri giovani che non terminano gli studi o lo fanno senza acquisire competenze, quelli che non studiano e non lavorano e gli adulti colpiti da analfabetismo di ritorno, sono cittadini colpiti da minorità.

I passeggeri del tram che mi portava a casa sono liberi di cambiare di posto oppure aspettare che quei giovani scendano alla fermata e tornino invisibili, ma chi tiene al futuro del paese non dovrebbe dimenticarsi di loro.
Ci sono le scuole per incontrarli, e l'incontro si trasforma spesso in uno scontro con la sgradevolezza dei loro modi, l'arroganza, la spavalderia posti a nascondere una fragilità che molti di noi non hanno attraversato, irrobustiti come eravamo dalle nostre famiglie e dalla promessa di un futuro che ci attendeva a braccia aperte. Ma questa fatica va affrontata se si tiene al futuro del paese.

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