SI RIPARTE. ANCORA UNA VOLTA
Si riparte. Ancora una volta
Avevamo sperato di vedere finalmente un segno di discontinuità nella politica sulla scuola col sopraggiungere del nuovo governo ma il primo segnale arrivato è quello della continuità del cambio dei ministri dell'istruzione: cinque negli ultimi quattro anni. Nemmeno un supplente annuale dura così poco. Il problema allora, non sono le dimissioni di un ministro, ma la molto più grave dismissione della scuola da parte della politica.
Una politica che negli ultimi anni ha fatto, sbagliando molto, e poi ha disfatto il più possibile, ma senza un profilo, una visione, un orizzonte verso cui volgere con coraggio lo sguardo.
Il cambio del responsabile al Ministero dell’istruzione e a quello della Università speriamo sia l'occasione per riportare al centro del dibattito il valore che un Paese che voglia riprendere a crescere deve dare alla scuola, perché su di essa pesa non solo l’esiguità dei finanziamenti rispetto a quelli che sarebbero necessari, ma soprattutto la carenza di idee, ancor più grave perché senza chiarirsi verso quale scuola si vuole andare ogni finanziamento rappresenta soldi gettati al vento.
Alla nuova ministra Azzolina auguriamo buon lavoro e ci permettiamo, di dare alcuni suggerimenti.
Le consigliamo di fare poche dichiarazioni e dialogare invece molto con tutti coloro che sono interessati alla scuola. Avrà bisogno di coinvolgere e condividere. Da soli, in un settore complesso come la scuola, non si va molto lontano.
Faccia il possibile per essere ricordata non tanto per gesti più o meno eclatanti - alla scuola non servono condottieri solitari - quanto piuttosto per la capacità di mettersi in ascolto, inaugurando una stagione di dialogo con tutto il mondo interessato all'istruzione, così da avviare un dibattito vero ampio e approfondito sulla cultura della scuola, per capire insieme quale scuola serve al futuro del Paese e quali sono i passi da fare.
Noi le garantiamo il nostro contributo e fin da adesso le sottolineiamo possibili direzioni di marcia dal costo tutto sommato limitato, ma di grande significato in quanto dicono chiaramente il modello di scuola verso cui si vuole andare.
- Si sostenga con convinzione la legge sullo jus soli e jus culturae: vista dal mondo della scuola, a cui lei stessa appartiene, la legge è non solo sacrosanta ma anche indispensabile.
- Si porti l'obbligo d’istruzione a 18 anni: è una battaglia di civiltà. Il sistema d'istruzione può coinvolgere più soggetti, ma la responsabilità deve essere affidata alle scuole perché siano garanti della coerenza formativa dei percorsi, contro l'anarchia del sistema attuale che molto spesso aggira l'obbligo di istruire tutti offrendo invece percorsi residuali di basso livello.
- La dispersione scolastica si combatte non con periodiche dichiarazioni di “dispiacere” per chi non ce la fa, ma investendo risorse vere sulla formazione dei docenti, sulla ricerca didattica e responsabilizzando le scuole sui risultati. Non è un problema dei singoli, è la vergogna di un sistema che nell’ultimo decennio ha dimenticato per strada oltre 3 milioni di ragazze e ragazzi. Significa che la scuola invece di essere risorsa a disposizione di tutti per superare gli ostacoli è divenuta per tanti l'ostacolo da superare. E allora si vada verso un meccanismo di trascinamento del finanziamento per l'istruzione legato al PIL, bisogna arrivare rapidamente alle percentuali degli altri paesi europei.
- Si definiscano i risultati Invalsi dati sensibili delle scuole, come avviene in altri paesi europei dove non ne è permessa la divulgazione. Il Sistema di valutazione serve ai decisori politici per la conoscenza del sistema d'istruzione e deve essere strumento di lavoro per le scuole, togliendo finalmente a queste ultime la paura di essere giudicate sommariamente, per così dire con “rito abbreviato”, rispetto alla complessità dei parametri di cui bisognerebbe tener conto. Per valutare le scuole seriamente, oltre alle rilevazioni nazionali ci vuole un corpo ispettivo degno di questo nome. Gli ispettori in Francia sono più di 3000, in Spagna e Germania circa 1500. Nel nostro Paese ce ne sono 124 per tutto il territorio nazionale.
- Si tolga il voto nel primo ciclo dando alle scuole la responsabilità dell’individuazione degli opportuni indicatori per documentare e valutare i processi dell'apprendimento e le soglie raggiunte da ciascuna alunna e alunno.
- Si dia il via a una seria formazione specialistica per gli insegnanti della secondaria di 1° e 2° grado rivedendo il sistema attuale che ci riporta indietro di cinquant'anni, strutturando nello stesso tempo e in forma stabile la formazione in servizio che serve non solo a chi ne è soggetto attivo, ma anche ai soggetti che ne sono responsabili, Scuola e Università che cresceranno così in conoscenza reciproca e collaborazione.
- In questo senso, di fronte alla separazione dei Ministeri della Istruzione e dell'Università è necessario riflettere sul fatto che quando fu istituito il Ministero dell’Università, la stessa legge istitutiva indicò esplicitamente una esigenza di coordinamento tra i due dicasteri (art.4, L.168/89), oggi forse ancor più urgente vista la revisione in corso del sistema di formazione degli insegnanti secondari che vede coinvolte entrambe le istituzioni. Occorre impegnarsi per rendere sistematico tale coordinamento, recuperando forse lo strumento permanente della Commissione, già previsto dalla Legge nello stesso articolo.
Ci sono poi provvedimenti che possono essere assunti facilmente e che avrebbero un impatto importante sulle scuole.
Il primo sarebbe quello di risolvere subito la situazione della professoressa palermitana Dell’Aria annullando in via definitiva quel provvedimento che offende tutti gli insegnanti.
Il secondo quello di ripristinare nella secondaria le ore delle cattedre coerenti con l'indirizzo: avere docenti con ore a disposizione per completare le 18 non è un lusso come ha fatto credere la ministra Moratti, ma è un’opportunità incredibile per una scuola che vuol davvero progettare e coordinare le proprie attività, molto più importante dell'attuale organico potenziato. Eppure dalla Finanziaria del 2003 nessuno ha pensato di abolire un provvedimento che in nome di una finta razionalizzazione sta togliendo da 17 anni risorse e qualità alla scuola.
Altro provvedimento importante sarebbe ripristinare nella primaria il tempo pieno mettendo fine allo spezzatino a cui è stato ridotto dagli anni della riforma Moratti.
Gentile Ministra, in conclusione confidiamo di averla con noi nell'impresa di rendere la scuola la “casa” del futuro desiderabile, dove chi vi abita non è fatto uguale da un identico grembiule, ma perché tutti i vestiti sono ben accetti.
Per avere domani un Paese inclusivo, ci vuole una scuola inclusiva oggi, nella quale le diversità non vengono nascoste o “curate” come atto caritatevole, ma fatte punto di partenza dell'insegnamento: perché l'obiettivo non è fare tutti uguali, ma dare a tutti l'opportunità di essere diversi come ciascuno vorrà essere.
Le auguriamo di riuscire a dare quel segnale di cambiamento di direzione alla politica scolastica che tutto il mondo della scuola si attende.
Buon lavoro ministra Azzolina.
Roma, 11 gennaio 2020