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IN RICORDO DI ANDREA CANEVARO

Te ne sei andato, anche tu, Andrea, riferimento importante per tutti noi e per tanti: bambini e bambine, ragazzi e ragazze, genitori, insegnanti, educatori, con il tuo impegno infaticabile ed appassionato che ti ha accompagnato fino alla fine, anche quando il progredire dell’ictus ti rendeva faticoso usare la voce e ti limitava nel muoverti in modo indipendente, ma c’eri lo stesso per tanti, attraverso lo schermo e continuavi a scrivere quei contributi così significativi e ricchi di spunti, a trovare le connessioni tra prospettive diverse. E faccio fatica ora a trovare le parole per dire di te, un po’ per il dolore che si attraversa di fronte alle perdite, un po’ perché vorrei esser delicata e rispettare quello che è stato il tuo modo di essere: non ti piaceva l’esibizione, l’esser narcisista, ti mettevi sempre su un piano di reciprocità, preferivi che ti dessero del tu piuttosto che del lei, all’”io” preferivi il “noi”. Ed è davvero molto quel che hai testimoniato con il tuo vivere, con il tuo percorrere diverse piste di studio e ricerca, con il tuo impegno sempre a favore di chi è tra gli ultimi, di chi è fragile, di chi è portatore di una disabilità, di chi è vittima di guerra o altre atrocità...

Ci hai lasciato moltissimo in  quanto a contributi pedagogici, a riflessioni significative che impegnano ad approfondire, a ricercare, a studiare, a intrecciare punti di vista diversi, mai a semplificare, mai a ridurre, mai ad ingabbiare in una tecnica, in una diagnosi, in una metodologia, in una teoria, ma ad allenare uno sguardo attento ed aperto alla complessità  del mondo… Prezioso è stato il tuo modo di “narrare”, tenendo insieme le storie di vita, le storie degli incontri con i contributi e le riflessioni pedagogiche, mai adottando un modello chiuso, ma trovando i nessi, organizzando i vari tasselli, esplorando anche ambiti apparentemente lontani dalla pedagogia speciale: il teatro, la letteratura, la poesia, il cinema, l’economia…

”Maestro dell’integrazione scolastica e sociale, fondatore della pedagogia speciale”, così vieni ricordato in molti contributi in questi giorni e vorrei collocare in una dimensione storica questo tuo impegno, perché prima di te per chi nasceva con una difficoltà in più c’erano le scuole speciali, l’assistenzialismo, l’esser relegati in una dimensione di separatezza e hai saputo smontare recinti, sfidare pregiudizi sempre in modo competente ed appassionato, hai saputo aprire possibilità, guardare “oltre”, guardare alle persone al di là delle diagnosi, degli atteggiamenti pietistici che ingabbiano, riconoscere ognuno/a con la sua identità originale, con il suo diritto ad essere cittadino/a attivo/a e partecipe della realtà in cui è immerso/a. Prezioso è stato il tuo modo di incontrare ognuno, sempre mettendoti in ascolto profondo e partecipe, creando relazioni di cui avevi molta cura e preziosi sono stati anche per te gli incontri, da tutti/e imparavi qualcosa. C’è un episodio di tanti anni fa, quando ancora vivevi a Genova ed ancora non eri docente universitario che racconta molto di questo tuo modo di essere: ogni tanto andavi a dormire al Massoero, il ricovero per i senza-tetto nel quartiere del Molo, vicino al porto, c’eri andato per capire di più e raccontavi quel che da quegli incontri avevi imparato. Ecco, era bellissimo questo tuo entrar dentro, partecipare appieno alle situazioni anche le più difficili, cercando e costruendo assieme il modo per farle evolvere, trovando ed organizzando i “mediatori”, collegandoli come i tasselli di un puzzle. Eri sempre pronto a “sporcarti le mani”, non ti tiravi mai indietro e aiutavi ad intravedere spiragli di speranza, anche là dove apparentemente speranza non ce n’era; mi vengono in mente dei materiali documentativi molto interessanti che raccontavano qualcosa dell’inclusione di bambini/e, ragazzi/e disabili gravi, processo che era stato co-costruito e condiviso con tutti quelli che partecipavano alla situazione: bambini/ragazzi portatori di disabilità, compagni, insegnanti, bidelli, genitori, educatori, ecc.

Molteplici sono stati gli incontri e le amicizie che hai avuto, ne cito solo alcune tra quelle note: Mario Lodi, Margherita Zoebeli, Alain Goussot, e ce ne sarebbero tante altre; in particolare penso a Sergio Neri e Giancarlo Cerini che consideravi come fratelli e con cui hai fatto pezzi di strada importanti sempre nell’impegno per una scuola rispondente al dettato costituzionale, una scuola giusta ed equa, una scuola di tutte e tutti. E poi il tuo impegno è stato così ampio che si è allargato ad alcuni Paesi in guerra partecipando a vari progetti di cooperazione internazionale in Africa: nella regione dei grandi laghi, o con i Saharawi nel deserto, in Cambogia, in Bosnia sempre con l’attenzione a costruire quelle situazioni di partecipazione condivisa in cui le vittime non rimanessero “schiacciate” nel ruolo di vittime, ma fossero protagoniste dei processi di ricostruzione e pacificazione di realtà devastate. Prezioso era l’umorismo intelligente che esprimevi nelle situazioni cui partecipavi e che aiutava a spostare lo sguardo, a veder le cose in un’altra prospettiva, ad alleggerire le tensioni, a creare un clima di condivisione.

Tanto ci sarebbe ancora da raccontare e ricordare di quello che con il tuo vivere hai testimoniato, molte sono le “pietre d’inciampo” che ci hai lasciato, quei sassi che affiorano ed aiutano ad orientarsi, a non perdersi.  Inclusione, lo sai, questa parola bella, è purtroppo, come molte altre, spesso abusata, manomessa, maltrattata, sta a noi ora continuare ad operare per restituirle autenticità e dignità impegnandoci a tradurla nei contesti, perseverando nel tendere ad una scuola in cui tutti/e i/le bambini/e, i/le ragazzi/e possano avvalersi di tracce salde, di sassolini e non di tracce fragili come le briciole, una scuola in cui nessuno si perda nel bosco. L’andarsene dei grandi maestri carica di responsabilità e molto c’è da fare, siamo pronti a continuare il cammino.

Concludo con una poesia che ti era cara:

“Non basta aprire la finestra,
per vedere il campo e il fiume.
Non basta non essere ciechi,
per vedere gli alberi e i fiori.
Dobbiamo fare:
della crisi un nuovo cammino,
della caduta un passo di danza,
della paura una scala,
del sogno un ponte,
del bisogno un incontro.”

F. Pessoa

Andrea un grazie enorme e che la terra ti sia lieve.

Antonella Bruzzo

29 maggio 2022

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