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L'orizzonte e la strada

di Giuseppe Bagni

L'orizzonte disegnato del "patto" sulla scuola ha aspetti convincenti. Un patto è un accordo, qualcosa che coinvolge più soggetti, consapevoli che senza una convergenza di intenti e di forze non si va da nessuna parte. E' quello che ogni insegnante stringe con i propri allievi, in forma implicita, molto spesso senza parole e senza esserne del tutto consapevole, ma è il presupposto indispensabile per fare un percorso insieme a qualcuno. Insegnare alla fine è questo.

Soprattutto è convincente quel mettere avanti a tutto la soluzione del problema del precariato e la piena realizzazione dell'organico dell'autonomia. Non si può minimizzare parlando di ennesima sanatoria o furbizia strappa voti. Un collegio docenti con le percentuali di precari di oggi diventa un collegio precario. Senza stabilità ogni progetto è costruito su palafitte fragili. Con un organico certo che garantisce risorse aggiuntive da assegnare alle varie attività di coordinamento e ricerca l'autonomia può davvero avere gambe per camminare.

Mi piace che il documento riconosca la complessità del lavoro dei docenti. Si riconosce che gli insegnanti devono sviluppare nei loro allievi modi di pensare e di essere, non solo trasmettere un sapere codificato. Si sostiene finalmente che l'entrata a scuola per un insegnante non è la fine della sua formazione, ma solo l'inizio di un altro modo di formarsi, dando un riconoscimento di qualità alla formazione che si può fare nella scuola stessa, dato che “un docente è il formatore più credibile per un altro docente”.

Ma un orizzonte non basta. Si deve anche indicare una strada che lo avvicini se vogliamo che orienti l'agire quotidiano. E sulla strada non sono d'accordo.

Con il portfolio di competenze professionali messo on-line e consultabile da tutti si rende pubblico, ma contemporaneamente sempre più personale (e privato) il profilo professionale di ogni insegnante. Il suo ritratto più fedele non si fa con un teleobiettivo che lo stacca da uno sfondo che sfuma, ma con un grandangolo che mette a fuoco il soggetto dentro uno sfondo nitido. Le foto di scuola sono sempre foto di gruppo. Di questa dimensione collegiale, componente essenziale della professione non c'è traccia nel documento, che suddivide in modo condivisibile i crediti tra didattici formativi e professionali, ma facendone l'unico elemento di progressione di carriera spinge alla migrazione da una scuola all'altra, a caccia delle "peggiori" in cui i propri "meriti" luccicheranno di più. Un atteggiamento professionale di cui non c'è traccia, per nostra fortuna, in altre professioni: non tra i medici che cercano ospedali ben attrezzati, né tra gli avvocati che ambiscono ad entrare negli studi più prestigiosi.

La strada non può essere questa. Questa rischia di far uscire i docenti dal "grigiore dei trattamenti indifferenziati" per farli entrare nel grigiore della corsa ai 60 euro. Non tanto per la cifra che è oggettivamente esigua, quanto per non sentirsi tra gli esclusi, gli accantonati. E mi auguro che su questo punto si possa ritornare, visto che sarebbe sufficiente reintrodurre un riconoscimento anche minimo agli anni di servizio, accanto ai nuovi "scatti di competenza", per significare che sappiamo  esistere un lavoro valido e meritevole anche se non si presta a documentazione e certificazione.  Ma soprattutto dimentica che se è vero che una buona scuola è fatta da buoni insegnanti, è anche vero che è la buona scuola a far buoni gli insegnanti. Un insegnante non può essere bravo da solo. E' un professionista che opera in una istituzione “costituzionale” finalizzata a realizzare un progetto educativo pubblico e quindi inclusivo. Si tratta di una professione cooperativa e relazionale. Unica: non ci sono modelli esterni da adattare allo scopo.

Il rischio grande è che la valutazione della  professionalità di un singolo docente rafforzi l'idea che la scuola debba essere ancora organizzata secondo un modello tayloristico, dove ciascuno fa il lavoro assegnato e lo può fare più o meno bene. Il valore di un docente non è una prerogativa esclusivamente individuale. Nasce e cresce dentro il contesto-scuola che, in quanto comunità di lavoro, è un sistema di relazioni e di pratiche professionali sociali. Non si può valutare/premiare il docente sulla base dei suoi crediti individuali, ma solo valutando contemporaneamente la scuola.

La valorizzazione degli insegnanti ha senso se significa valorizzazione dell'insegnamento efficace, perché il cambiamento che davvero serve si chiama “qualità” del fare scuola.

Roma 8 settembre 2014

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