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PER UN’IDEA CONDIVISA DI SCUOLA E DI FUTURO

Nella società dei media, di internet, delle piattaforme digitali, dei social e del mercato cresce un nuovo bisogno di cittadinanza. Cresce la necessità di operare per un mondo sostenibile e più giusto.

La politica ha dunque il compito e la responsabilità di individuare il punto da cui ripartire. E oggi come ieri è la scuola il fondamento cui aggrapparsi e su cui scommettere. È urgente allora rimettere al centro l’istruzione e la formazione, il sapere e le competenze, l’organizzazione del lavoro scolastico e la formazione dei docenti, la didattica e l’apprendimento. I luoghi del l’apprendimento.

Sapendo che c’è una scuola che non ha mai smesso di cambiare e che ha cercato di mantenere attuali il patrimonio dei grandi maestri del passato e il mandato che la Costituzione le ha consegnato. Consapevoli che la scuola ha affrontato con grinta e capacità le crescenti difficoltà della quotidianità educativa, aggravate da politiche sbagliate che hanno reso le risorse sempre più scarse e sempre più difficoltoso l’apprendimento di bambini e ragazzi.

 

Quale scuola serve?
La scuola che serve contiene il primo patto che la società degli adulti propone ai bambini fin dalla nascita e che poi rinnova a tre, a sei, a undici, a quattordici anni ed è lo stesso per tutti i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi almeno fino ai 16 anni, in cui lo scopo che motiva all’apprendimento è la soddisfazione dell’apprendere in sé, adeguato ai bisogni formativi e di vita propri di ciascuna età e non curvato esclusivamente sul futuro lavorativo.

La scuola che serve, che forma e aiuta a crescere, è laboratorio di democrazia, in cui si dimostra, nella quotidianità, che la democrazia “conviene”; è la scuola del rigore per la crescita delle singole persone in un progetto generale di emancipazione sociale.

È la scuola in cui non ci sono graduatorie, né competizioni che valgono per le attività agonistiche, ma sono di intralcio all’apprendimento.

È la scuola in cui il merito richiama l’assunzione di responsabilità e non l’acquisizione di privilegi o di premi.

È la scuola non come ostacolo da superare, ma come strumento per superare gli ostacoli.

Serve che questa scuola si rapporti con la formazione professionale non posta in alternativa ma come esperienza complementare finalizzata a dare forma alle competenze culturali in termini di competenze professionali.

Quali interventi e investimenti possono sostenere lo sviluppo della scuola che serve?

Serve un profondo cambiamento perché l‘acquisizione, per tutti e per ciascuno, dell’insieme coordinato del sapere e delle chiavi per accedervi non avviene attraverso la semplice trasmissione bensì tramite la ricostruzione sociale delle conoscenze, che si realizza nel processo attivo di insegnamento/apprendimento.

Serve promuovere il compito della scuola: aiutare a costruire strutture mentali, sostenere la formazione di vincoli conoscitivi, sviluppare e potenziare competenze culturali.

Non serve la “grande riforma” calata dall’alto bensì un progetto di ampio respiro politico e culturale in grado di sollecitare un processo di rigenerazione profondo in cui tutti i soggetti della vita scolastica siano posti nelle condizioni di essere protagonisti, e di imparare ad assumere le proprie responsabilità.

Serve costruire un’idea condivisa di futuro che leghi il cambiamento della scuola con la rinascita del Paese, serve la volontà politica di investire sull’istruzione, serve un dirompente miglioramento della qualità quotidiana del fare scuola per fronteggiare le nuove sfide educative.

Roma 8 marzo 2021

Alba Sasso presidente nazionale del Cidi dal 1992
Domenico Chiesa presidente nazionale del Cidi dal 2001
Sofia Toselli presidente nazionale del Cidi dal 2006
Giuseppe Bagni presidente nazionale del Cidi dal 2011

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