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Quale futuro per la lingua italiana

 

Ermanno Testa

Da quasi tre anni il blog “Quale futuro per la lingua italiana”, contenuto nel sito web del Cidi, va raccogliendo contributi di varia natura. Con quali risultati?

Ricordo che erano almeno tre gli obiettivi di tale iniziativa, in parte sintetizzati nel sottotitolo: “Accademia sito delle parole nuove”.

In primo luogo, contrastare una pratica linguistica, molto diffusa nel nostro Paese, di usare parole ed espressioni appartenenti ad altre lingue, quasi sempre l’inglese, senza una vera necessità dal momento che esistono i corrispettivi italiani: segno di una ingiustificata sudditanza culturale dettata per lo più da provincialismo e da una errata idea di modernità.

In secondo luogo, il compito più arduo, creare in italiano termini ed espressioni in corrispondenza dei tanti concetti nuovi che in ogni campo della ricerca e dell’attività umana si vanno affermando in ogni parte del mondo: il sempre più alto grado di sviluppo richiede ad ogni lingua, per sopravvivere nel tempo futuro assai prossimo, un rapido adeguamento pena la sua progressiva marginalizzazione e irrilevanza.

Tenuto conto che la lingua italiana è parte consistente della nostra cultura ne conseguirebbe una nostra marginalizzazione anche identitaria.

In terzo luogo, favorire una partecipazione ampia, potenzialmente di tutti, non solo perché il problema è comunque di tutti, ma anche al fine di una più radicata presa d’atto del problema altrimenti circoscritto a una ristretta cerchia di addetti ai lavori.

Dopo tre anni non c’è da cantare vittoria, tuttavia il blog ha continuato a vivere grazie a costanti contributi, di diversa natura e rilevanza, non poche volte assai qualificati.

Malgrado tutto considero quindi positiva l’esperienza di questi tre anni, pur con la consapevolezza che il tema richiederebbe ben più di un blog, di per sé non sufficientemente interattivo e dallo scarso spazio per gli interventi.

Ben altre forze, ben altra partecipazione richiederebbe oggi la salvaguardia della nostra lingua!

Il problema infatti non è solo linguistico ma, più in generale, di natura sociale, culturale, politica.

La rinomata Accademia della Crusca da qualche anno ha lanciato la “Settimana della lingua italiana nel mondo” correlata a eventi di varia natura (cinema, mostre, arte, editoria, musica, incontri, conferenze, in piccolissima parte temi linguistici). Ma l’iniziativa sembra essere una apprezzabile promozione turistico commerciale del nostro Paese piuttosto che una difesa della lingua italiana.

Non risulta invece che vi sia in Patria una giornata dedicata alla nostra lingua, che possa essere un momento significativo di riflessione generale e di promozione di iniziative, in cui tra le diverse istituzioni la scuola potrebbe svolgere un ruolo importantissimo.

Chiedere alle massime autorità del nostro Paese di istituire una “Giornata della lingua italiana” apparirebbe allo stato attuale iniziativa non solo utile ma necessaria e capace verosimilmente di toccare diverse sensibilità e di suscitare non poco interesse.

 24 giugno 2016