Ma ora una nuova idea di scuola
Il decreto sulla scuola varato pochi giorni fa dal governo ha molti aspetti positivi. Dice che anche in tempo di difficoltà economica, se si vuole, i soldi per l'istruzione si possono trovare, magari scoraggiando l'uso delle bevande alcoliche. Riconosce che a scuola si fa e si condivide cultura, per cui, fra le altre cose, gli insegnanti devono avere accesso gratuito ai musei.
Interviene contemporaneamente su diversi piani, dimostrando che si è capito che la qualità di un sistema d'istruzione si ottiene stabilizzando il personale, intervenendo sull'edilizia, sulla formazione dei docenti e rivedendo il curricolo della scuola in ogni suo segmento.
Indicazioni, queste, che sono di buon auspicio per tutti quelli come noi che aspettano da anni una inversione di tendenza rispetto alle politiche scolastiche degli ultimi anni.
Accanto a questi aspetti non mancano tuttavia semplificazioni inaccettabili come la ventilata formazione obbligatoria per i docenti i cui alunni hanno esiti inferiori alla media nelle prove Invalsi. Un provvedimento che se confermato testimonierebbe la superficialità e l'assenza di una strategia con cui si continua al trattare in Italia il tema della valutazione e della formazione in servizio.
Da anni siamo abituati a ministri che intervengono su aspetti marginali con provvedimenti frammentari e parziali, sbandierati in televisione e sulla stampa come fossero riforme epocali. Il tutto fatto in fretta e furia, a testimonianza di una politica scolastica talmente consapevole della propria marginalità da valutare esiziale prendersi il tempo per una riflessione che coinvolgesse le scuole sui loro reali bisogni.
In questo lungo lasso di tempo una parte del mondo della scuola ha continuato a far bene il proprio lavoro, adattando costantemente la didattica alle nuove esigenze di formazione, utilizzando al meglio le risorse inedite oggi a disposizione - l'eterogeneità delle intelligenze e la multiculturalità delle nostre classi, prima e più della multimedialità.
Ma è un fatto che in questa lunga stagione di arretramento ideale e materiale una parte della scuola si sia scoraggiata finendo per cadere nella assuefazione che è la forma peggiore di adattamento.
Per questo, in luogo dei tanti "sì, però..." che abbiamo letto in questi giorni a commento del decreto sulla scuola - più che motivati ovviamente ma che rischiano di ripiegare la riflessione sul decreto stesso - noi preferiamo un "sì, e ora...".
...E ora chiediamo che si metta mano al primo ciclo con misure di accompagnamento efficaci e investimenti significativi sulla formazione dei docenti; che si realizzi davvero l'obbligo d'istruzione collegando il curricolo del primo ciclo con quelli del secondo; che si metta in campo, oltre ai soldi, soprattutto una nuova idea di scuola per combattere l'abbandono, respingendo qualunque ipocrisia volta a creare canali di serie b nell'istruzione obbligatoria.
Perché nessuno può illudersi che quella parte degli insegnanti demoralizzata e delusa dalla politica scolastica di questi ultimi anni si rimetta in moto se non sapremo affiancare a passi concreti fatti in una direzione coerente e credibile, la ricostruzione di un orizzonte culturale alto e l'apertura di un dibattito che li veda protagonisti.