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LA SCUOLA E L'EMERGENZA

La scuola e l’emergenza

La scuola è chiusa. Proprio per questo oggi l'obiettivo primario è quello di affermare la sua presenza anche in una situazione di emergenza. Stabilire un contatto con gli alunni e con le loro famiglie per evitare che, nell’isolamento in cui siamo tutti costretti, prevalga il vuoto. Siamo convinti che la scuola sia innanzitutto relazione e che l’apprendimento passi attraverso la presenza fisica di docenti e studenti nelle aule: ciò che tutti stiamo cercando di fare con i mezzi che la rete ci mette a disposizione è un tentativo necessario per riempire un improvviso e terribile vuoto e non è la scuola dell'innovazione tanto sbandierata.

Gli strumenti di comunicazione a distanza in questo momento si rivelano un mezzo molto potente, non soltanto per mantenere il contatto con gli alunni e le loro famiglie, ma per consentire alla scuola di navigare in uno scenario pieno di incognite. Conoscere e utilizzare nuovi strumenti di insegnamento può rappresentare un arricchimento sia per gli studenti che per i docenti, ma solo se si ha ben chiaro che essi sono un mezzo, non un fine.

Il primo obiettivo è quello di raggiungere e garantire una forma virtuale di socialità, una specie di socialità strutturata, quella che appunto la scuola può offrire, anche se forzatamente chiusa. In un momento così difficile, in cui prevalgono, soprattutto nei bambini e nei ragazzi, paura e malinconia, la frequentazione dei social senza regole, come molti di loro sono portati a fare, può produrre una solitudine ancora più grande. Per questo bisogna per prima cosa dimostrare con i fatti l’importanza della scuola. Si può fare a meno, per un periodo limitato, di una discoteca, o di una piscina, ma non della scuola. Quindi noi docenti dobbiamo sapere, e lo dobbiamo ribadire prima di tutto a noi stessi, che ora più che mai, dobbiamo dare senso al nostro fare scuola quotidiano.

Bisogna privilegiare le relazioni, soprattutto quelle orizzontali: favorire la discussione con i bambini e con i ragazzi e garantire la continuità pedagogica, favorendo il confronto, la discussione e, quando possibile, organizzando il lavoro in gruppi (ovviamente virtuali); ricercare e rafforzare il collegamento orizzontale fra i docenti, anche per superare reciproche difficoltà e razionalizzare il lavoro degli studenti evitando carichi eccessivi; curare in modo particolare il rapporto con i genitori per non creare ulteriori difficoltà alle famiglie già in vario modo provate dalla situazione attuale.

La modalità di didattica a distanza è oggi lo strumento principale non tanto per una “scuola a distanza” quanto per una scuola in emergenza, che si pone l'obiettivo di mantenere forti i rapporti e la comunicazione, contribuendo così alla crescita non solo degli alunni, obiettivo primario della scuola stessa, ma anche di tutti coloro che si rapportano con essa. Fare rete, appunto, traendone tutti i vantaggi possibili.

Dobbiamo utilizzare in positivo il vuoto che questa situazione ha creato nella vita dei bambini e dei ragazzi. Molti di loro, quasi tutti, si trovano per la prima volta ad avere tanto tempo vuoto e a confrontarsi con l’incertezza e la paura, senza i filtri e i veli che la frenesia quotidiana pone.

Aiutiamo i bambini e i ragazzi a comprendere ciò che sta avvenendo per scoprire insieme a noi che questo tempo ritrovato è un’opportunità preziosa che questa emergenza può regalarci. Ciò significa riflettere sui rapporti umani nel momento in cui il distanziamento sociale li colpisce, ma che può proprio per questo farci apprezzare maggiormente il loro valore nella vita di ciascuno. Si può discutere del loro stato d’animo, della loro esperienza di vita quotidiana, e con gli studenti più grandi anche degli ospedali pubblici e dell’importanza di investire nella ricerca, della solidarietà verso i più deboli in un momento in cui si moltiplicano i gesti in tal senso. Aiutarli a non sentirsi schiacciati da questo presente da incubo e a percepire un futuro diverso, e desiderarlo, per se stessi e per tutti.

Per questo dobbiamo essere con loro, con tutti loro, in qualunque modo possibile. Ma questa modalità di fare scuola non può essere la scuola di sempre. Non possiamo illuderci che basti apprendere tecniche utilizzate nella didattica a distanza - che in quanto tale ha una storia lunga e funzioni precise in affiancamento ai percorsi scolastici regolari - e magari in questo modo “proseguire il programma” e assegnare delle verifiche di cui dare conto.

Né si può pensare che introducendo acriticamente strumenti digitali nella didattica e nei rapporti professionali, utilizzati in questa fase emergenziale, si possa rinnovare la scuola.

Qui si tratta di dare senso allo stare insieme cercando di rispondere ai bisogni dei bambini e dei ragazzi. Aiutarli a scoprire che l’avventura della scoperta, l’apprendimento, lo studio, la conoscenza, aiutano a capire, rendono più forti, sono strumenti per affrontare le proprie paure. Mai come in questi momenti i bambini e i ragazzi sono pieni di domande. Hanno bisogno di imparare a riconoscerle, a formularle. Con chi se non con i loro insegnanti?

Come fare? Intanto anche in questa situazione drammatica è indispensabile non allontanarsi assolutamente dal sentiero della scuola della Costituzione che pone a suo fondamento la rimozione degli ostacoli e la lotta alle diseguaglianze. Siamo coscienti che la didattica a distanza rischia di accrescerle anche perché si basa sul possesso di strumenti e connessioni che non sono disponibili a tutti gli studenti, le famiglie, i territori.

Sono più di un milione e mezzo gli studenti che non hanno possibilità di accesso alla rete, per assenza di connessione in casa, di banda larga oppure semplicemente per mancanza di un computer o della possibilità di usarlo quanto sarebbe necessario. Possiamo lasciarli soli e indietro, aumentando il loro distacco?

Tutto ciò aumenterà inevitabilmente le diseguaglianze sociali e culturali, rendendole più marcate ed evidenziando il divario tra chi ha nella propria famiglia risorse culturali e materiali che consentono di compensare la mancanza di scuola e chi invece ne è privo.

Non accontentiamoci degli studenti che sono in contatto con noi, ma chiediamoci: quanti sono i nostri alunni scomparsi? Dobbiamo assolutamente saperlo. Perché restano invisibili? Pigrizia, indolenza, solitudine? E se fosse l’implicita e legittima richiesta di non essere ripresi nelle pareti domestiche? Quanti sono quelli davvero privi di strumenti digitali?

Non possiamo prevedere quanto durerà questa fase di vita della scuola, quindi non possiamo permetterci di non sapere, quando ripartiremo, da quale situazione ripartiremo. Per non lasciare indietro nessuno. Più avremo l’esatta cognizione della situazione della nostra classe o della nostra scuola e più saremo capaci di trovare le soluzioni possibili. Segnaliamo immediatamente i casi difficili. Chiediamo aiuto, anche agli altri genitori della classe. Dobbiamo inventarci delle soluzioni, sapendo che, comunque vada, niente dovrà più essere come prima. Chi è escluso oggi rischia moltissimo, anche perché già sappiamo che dovremo affrontare una crisi economica enorme, aumenteranno gli ostacoli economici e sociali, e questo renderà ancora più difficili situazioni che già lo sono, isolando ulteriormente bambini e ragazzi che già sono in difficoltà.

Tutto questo pone alla scuola dei grandi problemi di organizzazione e soprattutto di scelte.

Le difficoltà fanno sempre emergere ed esplodere le contraddizioni. Come una cartina di tornasole, si evidenziano tutte le luci e tutte le ombre. Quando la didattica non è tale da intercettare le intelligenze degli studenti e rimane solo trasmissiva i sistemi digitali a distanza non la fanno migliore. Forse proprio in questo momento abbiamo l’occasione per riflettere su modalità di fare scuola più adeguate alle sfide del mondo contemporaneo.

Sappiamo che il problema più grande della scuola italiana sono i ragazzi che perde e in questo momento la situazione può diventare drammatica.

Ma sappiamo anche che nelle difficoltà si tirano fuori tutte le risorse disponibili. Ecco perché, a partire da ogni singolo insegnante, tutto il sistema scuola deve fare uno scatto in avanti. Classe per classe, scuola per scuola, spostare un po’ più in là i propri obiettivi individuando e perseguendo percorsi didattici adeguati a non lasciare indietro nessuno e rispondere alle sfide di questo nostro tempo.

È un grande impegno per ciascuno che diventa impegno etico e sociale, travalicando i confini del rapporto di lavoro ordinario, ma è uno sforzo corale della scuola pubblica che sta dando in questa situazione mai vissuta una prova straordinaria del proprio impegno.

Non possiamo nascondercelo, tanti interrogativi restano sul tappeto su questo e sul prossimo anno scolastico: gli esami, la valutazione, i calendari…

Occorre iniziare a ragionare sulla possibilità di rimandare al prossimo anno gli adempimenti formali e sostanziali, e pensare a come far fronte al divario, tra chi ha i mezzi culturali ed economici e chi non li ha.

Di fatto la valutazione dei singoli così come la pratichiamo (sia sommativa che formativa) ora è semplicemente inapplicabile.

È necessario inoltre porre il problema degli esami, sulla cui incertezza si alimenta l’ansia di studenti, genitori e docenti.

Auspichiamo che non si scelga di tentare la strada della normalizzazione: come dire che nulla è cambiato perché se gli alunni non sono andati a scuola la scuola è andata da loro facendo comunque lezione a distanza. Sia chiaro che tutto questo non ha alcun punto di contatto con la normalità. Se entriamo nelle loro case è per un atto di vicinanza e responsabilità, perché sappiamo che la routine scolastica è oggi per loro un'ancora di salvezza, ma sono case in cui devono restare reclusi, dovendo spesso convivere con il dolore di una perdita o la preoccupazione di un genitore senza più lavoro: la normalità non vi abita più.

Sarebbe una gravissima ipocrisia far passare l'impegno degli insegnanti in questo momento drammatico come una fase da cui si può uscire tornando alle solite procedure, facendo finta che nulla sia accaduto.

La scuola come istituzione è chiusa e le attività didattiche sospese, così recita il decreto.

Proprio per questo è straordinaria la risposta degli insegnanti e di tutto il personale per mantenere vivo il rapporto pedagogico.

Ma il Ministero faccia con chiarezza la sua parte: dia risposte agli interrogativi aperti che contribuiscono a lasciare il quadro istituzionale ora nel caos, con insegnanti disorientati da indicazioni contraddittorie che invadono anche campi di loro responsabilità.

È urgente ristabilire senza ambiguità un orizzonte normativo chiaro. Non è accettabile che si continui ad agire all'interno di una insopportabile confusione tra il grande impegno dei docenti e le indicazioni del Ministero attraverso Note che non sono fonti di diritto e che possono tradursi nelle scuole in applicazioni assai discutibili.

Ciascuno faccia al meglio ciò che gli spetta, senza inutili contrapposizioni: in questo momento sarebbe un atto irresponsabile. Il richiamo per tutti è alla compostezza, la gravità della situazione lo esige.

Resta aperto l'interrogativo più grande, e dopo? Ci troviamo di fronte a uno scenario inedito e imprevedibile, caratterizzato da una incertezza esistenziale di portata mondiale, che richiede a tutti un esercizio di cittadinanza prima impensabile. La scuola sta facendo e deve continuare a fare la sua parte, presidio di cultura e di democrazia nello spirito del mandato costituzionale, e questo dovrà segnare le scelte future che la riguardano.

Roma 26 marzo 2020

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