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PIANO NAZIONALE DI FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI

Questioni aperte relative al Piano Nazionale di Formazione degli insegnanti
(DM 767/2016)

 

Il CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) ha realizzato il giorno 25-5-2017, presso la propria sede nazionale a Roma, un forum sui temi della formazione in servizio per esaminare lo stato di attuazione del piano nazionale di formazione avviato con ilDecreto 767/2016, anche a fronte di segnalazioni, denunce, ritardi, insoddisfazioni diffuse provenienti da insegnanti di molte regioni italiane.

Risulta a questa associazione professionale che le pur importanti aperture contenute nella struttura del Piano di Formazione (la formazione come ricerca/azione, il coinvolgimento attivo dei docenti, il legame con il lavoro in classe e le esigenze della scuola, una governance partecipata, la qualità delle metodologie, la trasparenza delle operazioni amministrative) siano contraddette dalle realizzazioni pratiche che si stanno diffondendo in molte aree del nostro paese: frettolosità delle iniziativa, genericità dei percorsi formativi, scelte organizzative a volte poco comprensibili, sistemi burocratici di individuazione dei formatori, nessun coinvolgimento dell’associazionismo dei docenti sia in sede consultiva progettuale che di affidamento di iniziative.

Molte delle criticità rilevate sembrano dipendere da una insoddisfacente attuazione del piano a livello locale, anche per sovrapposizione tra compiti delle scuole, delle reti, degli uffici dell’amministrazione scolastica periferica, altre vanno trovate nella carenza di indicazioni e decisioni a livello nazionale o in errate valutazioni della sostenibilità e dell’impatto del Piano di formazione nei contesti reali.

Il CIDI ritiene che un nuovo modello di formazione in servizio dei docenti rappresenti una occasione irripetibile per il rilancio della professione docente, per assicurare la qualità dell’insegnamento, per il miglioramento dei risultati degli allievi. Pertanto è preoccupato che le prime realizzazioni siano nettamente al di sotto delle aspettative che si erano create con l’uscita del Piano e con l’affermazione legislativa di una formazione “obbligatoria, permanente, strutturale” (Legge 107/2015).

Si chiede che il MIUR, nelle strutture responsabili a ciò deputate, compia una rapida verifica di quanto sta avvenendo a livello territoriale ed ascolti, anche mediante apposite audizioni la voce dell’associazionismo professionale, che riveste un ruolo di primaria importanza per il coinvolgimento del mondo della scuola e per la stessa gestione di parte delle iniziative formative, in quanto enti accreditati o riconosciuti (Direttiva 170/2016).

Si chiede un incontro urgente con il Forum nazionali delle associazioni professionali al fine di esaminare l’andamento del Piano e nel frattempo si segnalano alcuni primi punti di attenzione, per i quali si gradirebbe ricevere risposte e precisazioni.

1. Le priorità
L’individuazione delle 9 priorità contenute nel Piano (DM 767/2015) oltre a contenere minuziose prescrizioni di contenuti o destinatari delle azioni, viene interpretato a livello locale come “repertorio” di ambiti tematici entro cui i docenti dovrebbero scegliere gli argomenti della loro formazione. Si tace totalmente di quanto dovrebbe fare il MIUR con programmi nazionali strutturati e risorse aggiuntive per ognuna delle aree priorità, determinando in questo modo incertezze, sovrapposizioni, duplicazione di iniziative.

2. Le competenze e i saperi
Si ritiene utile che l’individuazione delle priorità abbia poi pratici effetti nelle indicazioni fornite alle sedi territoriali ed ai relativi flussi finanziari, che ora paiono rivolgersi in misura preponderante all’area del digitale (che usufruisce di un Piano Nazionale – PNSD - non ben raccordato con quello di carattere generale. Si conviene di indicare nell’area della didattica per competenze un punto strategico su cui far convergere una pluralità di iniziative, ma questo tema dovrebbe essere coniugato in modo esplicito ai saperi disciplinari e alle relative didattiche, per non trasformarsi in generiche carrellate teoriche prive di agganci con il lavoro in classe. Il Piano sembra sottovalutare la dimensione dei contenuti culturali della formazione.

3. Metodi innovativi
Le attività dovrebbero far perno sul lavoro da svolgere a scuola in forma di ricerca didattica, pratica sperimentale, tutoraggio. La realtà invece testimonia di corsi di aggiornamento di carattere tradizionale, a volte rivolti a grandi numeri di docenti, in modo frettoloso e superficiale. Occorre rovesciare il rapporto tra scuole e reti, nel senso di mettere al centro il lavoro delle scuole e utilizzare le reti (di ambito e di scopo) per costruire momenti su supporto al lavoro delle scuole (formazione di figure specifiche, messa a disposizione di consulenza, agevolare rapporti di collaborazione). Ogni scuola dovrebbe disporre di un fondo per la formazione, la ricerca, lo sviluppo, anche attraverso una adeguata riconversione del c.d. “fondo per il merito”, da trasformare in fondo per sostenere la formazione, il lavoro collaborativo, l’innovazione metodologica e didattica.

4. Eccessivi vincoli amministrativi
Sul piano amministrativo gli attuali vincoli di fatto impediscono una distesa programmazione e gestione delle attività formative, sia per i tempi compressi delle rendicontazioni degli stanziamenti effettuati, sia per l’esiguità degli acconti assegnati (si chiede che gli avanzi di gestione siano riassegnati alle medesime strutture per dare continuità nel tempo alle iniziative formative). Per non vanificare la qualità della formazione occorre rivedere il meccanismo degli avvisi pubblici, dell’individuazione dei soggetti cui affidare progetti, dei controlli di spesa (che appaiono ripetuti e vessatori). E’ da aggiornare rapidamente il decreto (DI 326/1995) per i compensi ai formatori e alle diverse figure impegnate. Sono da precisare le condizioni per l’esercizio effettivo della formazione (obbligatorietà e tempo dedicato) e le necessarie agevolazioni per il personale della scuola impegnato come formatore.

5. Risorse alle scuole e reti
Le risorse finanziarie da assegnare ai territori dovrebbero per i 2/3 essere riservate alle azioni delle scuole e per 1/3 alle azioni delle reti, trovando meccanismi per la verifica dell’utilizzo coerente delle risorse, in sintonia con le indicazioni metodologiche contenute nel Piano. Per agevolare l’azione di progettazione territoriale della formazione, la collaborazione tra le scuole, la creazione di laboratori/strutture/seminari permanenti per docenti, l’individuazione di figure dedicate alla formazione, si chiede che il contingente di personale docente dell’organico di potenziamento (pari all’1,5% delle dotazioni), previsto a supporto dei progetti di rete e delle scuole (comma 65 della legge 107/2015) sia effettivamente assegnato alle reti di scuole e no dirottato verso l’amministrazione per compiti di natura amministrativa.

 

Roma, 25 maggio 2017

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