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UN ESAME DA RIPENSARE

Un esame da ripensare
Giuseppe Bagni

Era facilmente prevedibile che appena pubblicizzate le nuove modalità di svolgimento dell’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d’istruzione si accendessero le polemiche, ma sarebbe un grave errore liquidarle come la reazione della solita scuola che rifiuta qualunque cambiamento. Questo è un luogo comune utilizzato regolarmente per non entrare nel merito delle critiche avanzate.

E questa volta non sono soltanto i docenti e gli studenti a chiedere un ripensamento (e già basterebbero visto che sono i soggetti direttamente coinvolti), ma anche molti esperti disciplinari hanno sollevato critiche alle procedure della prova orale e rilevato contraddizioni tra le prove e le linee guida, le indicazioni nazionali, i documenti delle commissioni preposte, gli esempi e le griglie di valutazione.

Di fatto a restare totalmente ignorata è ancora la scuola reale, con i suoi tempi, le sue procedure consolidate, le sue relazioni che costruiscono la sua credibilità, oggi di nuovo sfidata da provvedimenti che arrivano ad anno scolastico iniziato e impongono repentini cambi di direzione del lavoro, comunque senza un tempo adeguato di reale assimilazione. Colpisce la totale assenza di consapevolezza e di rispetto delle tempistiche indispensabili per le scuole per rendere credibile un percorso didattico che deve mantenere la sua coerenza interna.

Si dirà che le indicazioni e linee guida erano conosciute da tempo, ma quanto è stato fatto in questi anni per aiutare la scuola a calibrarsi su tali nuovi percorsi? Quanto è stato investito dal Ministero per le misure di accompagnamento alla costruzione da parte delle scuole dei propri curricoli? Praticamente niente, e nelle seconde prove d’esame si presumono rapporti fra le discipline che non corrispondono a scelte e pratiche didattiche consolidate o neppure mai avviate. A tal riguardo si sono ignorati il parere del CSPI e gli appelli di associazioni di insegnanti e comunità scientifiche volti a sottolineare le difficoltà del Ministero stesso ad immaginare una prova di questo genere, e dunque a richiedere di posticiparne l’introduzione.

Peraltro, i dubbi della comunità scientifica sono aumentati consultando i quadri di riferimento per le prove pubblicati dal Ministero, in quanto, incredibilmente vista la scelta fatta, sono stati pubblicati i quadri di riferimento per le singole discipline, ma non quelli per la prove miste: sarà solo la giustapposizione di quesiti su ambiti disciplinari adiacenti ma separati secondo tradizione? È tutta qui l’innovazione?

E dove finisce la coerenza necessaria di un esame con la natura dei processi realizzati e degli apprendimenti effettivamente acquisiti?

Riteniamo che imporre agli allievi cambiamenti dell’esame finale a pochi mesi dalla sua attuazione, affrettandosi in modo approssimativo e superficiale a simularne le prove, delegittimi e squalifichi l’esame stesso e l’intero operato della scuola, oltre ad essere profondamente lesivo della dignità professionale dei docenti.

Per questo il Cidi appoggia la richiesta da più parti avanzata di una sospensione dell’applicazione delle modifiche all’esame di stato e chiede inoltre che eventuali future innovazioni nelle prove e nelle procedure d’esame siano più rispettose dei tempi e della realtà dei processi di insegnamento/apprendimento, vengano predisposte ed emanate, nell'ambito di una reale e seria ricerca didattica, come atti conseguenti a coerenti innovazioni didattiche e metodologiche e vengano promulgate con almeno un triennio di tempo per verificarne la congruenza e l’efficacia rispetto ai percorsi formativi realizzati.

 

Roma 11 febbraio 2019

 

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