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Sul disegno di scuola e chi la abita

Giuseppe Bagni

C'è una strada facile per scrivere un pezzo ben argomentato sul Disegno di Legge del governo Renzi. Si enumerano le cose che vanno bene e quelle che vanno male. Chi è favorevole, parte da quelle negative e finisce amplificando le positive; chi è contrario, fa il percorso opposto per liberarsi rapidamente del positivo e concentrarsi sul negativo.
È uno schema troppo semplice che oltretutto favorisce la polarizzazione del dibattito su posizioni senza sfumature e zone di sovrapposizione, quando già la partecipazione alla politica si sta riducendo all'opzione del "mi piace", che si clicca prima e a prescindere dal commento (i "perché" dei mi piace interessano meno).
Sarebbe un approccio che rischia paradossalmente di lasciare sullo sfondo la scuola e i suoi reali bisogni: un lusso che non dobbiamo permetterci.

Che cosa sappiamo
Conosciamo i problemi della scuola? Sì: dagli anni Settanta abbiamo rilevazioni internazionali che ci danno certezza del fatto che il rendimento scolastico degli studenti è legato al contesto territoriale. Che il destino nella scuola "superiore" è legato non solo al  merito dei singoli ma anche all'indirizzo scelto, e che questa scelta è ancora fortemente connotata socialmente.
Sappiamo che le differenze di "bravura" tra gli studenti sono basse all'interno della stessa scuola e molto alte fra le varie scuole, come dire che il "merito" nella scuola italiana non dipende dal singolo ma dalla sede scolastica dove lui finisce, il cui livello socio-economico (il suo habitat) ha più peso sugli esiti che non quello della famiglia.

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